Dall'alto della
collina Arik era l'unico che riuscisse ad avere una perfetta visione
di tutto il campo di battaglia.
Come un falco che veda
il coniglio inerme al termine della planata, sentí di avere la
vittoria in pugno.
A un suo segnale i
carri invertirono la corsa compiendo un largo giro. Indi si
lanciarono giú dalla collina sull'armata dei dervisci, fiaccata
dalla lunga carica.
Il rombo tremendo delle
ruote e del metallo, gli elmi perfettamente lucidi e la parete di
lance puntute paralizzarono la volontá del nemico.
I carri impattarono le
linee avversarie con un tremendo rimore di ossa spezzate, frantumando
la massa derviscia in 4 tronconi. Come un maglio di acciaio che entri
dentro una balla di fieno.
La maggior parte degli
Auroradei morí semplicemente schiacciata, quelli che tentavano di
arretrare si trovarono a crepare sulle asce senza misericordia dei
nani di Kulma, sopraggiungenti da dietro.
In pochi secondi
migliaia di essi caddero, senza neppure avere avuto occasione di
alzare la spada.
Tuttavia il coraggio
non abbandonò i sopravvissuti che si diedero ad una fiera
resistenza, sempre incitati dal gran Derviscio.
Questi vide in
lontananza il vessillo di Begaruh e pensó di risolver la battaglia
abbattendolo.
“Arik!” ruggì, e
scattó in avanti.
Travolgendo come un
fuscello ogni avversario che gli parava di fronte, sì preparò ad
affrontare il suo avversario.
Lo vide Arik dall'alto
del suo carro ed esaminandolo con disprezzo gli chiese:
“Perché cerchi una
morte piú rapida di quella che il destino ti ha riservato? Folle!”
e scese dal carro, giacché sapeva che il suo odio era stato
distillato al punto giusto da divenire un mortale veleno che avrebbe
corroso la vita del Gran Derviscio.
Piantó quindi la
lancia nel terreno ed estrasse una sottile spada preparandosi nella
mortale posizione del Basilisco.
Ma, prima ancora che
avesse finito di mettersi a punto, lo caricó Il Gran Derviscio di
testa, come un toro infuriato. Lo colpi in pieno, scaraventandolo a
terra a metri di distanza.
“Che il mio destino
si compia come deve” gli rispose levando la spada “Ma io ti dico
che i vermi si disputeranno il tuo corpo, prima che il sole abbia
visto il suo zenit.”
E cosí dicendo menó
un colpo gigantesco teso a troncare in due il suo opponente steso a
suolo.
Arik peró non era più
li.
Rotolando sul terreno
aveva schivato il colpo e si era rialzato alle spalle del furibondo
guerriero. Ne prese il collo in una morsa, puntandogli la spada alla
schiena.
“assapora il morso
della Giustizia.” Gli mormoró nell'orecchio.
E lo trafisse da parte
a parte.
Cadde cosí il Gran
Derviscio di Aurorade e grande sconforto si sparse fra le fila dei
Berseker. Ma la battaglia non era ancora decisa.
Tutto lo scacchiere era
una confusione di truppe in movimento, accecate dalla polvere
sollevata da loro stesse come dall’inquietante nebbia di Narim.
Gli gnomi di Ludageh
erano giunti a contatto e tempestavano di quadrelle le fila di Satod
che gli bloccavano il cammino.
I monaci stavano
riparati ma non retrocedevano.
Il primo Mercante
Bolger, vedendosi bloccato, mandó un messaggero ad Argento di Desio
che si trovava alla sua retroguardia:
“Attaccateli adesso!”
mandó a dire “Voi siete piú attrezzati per il combattimento corpo
a corpo. Lasciate che Ludageh vi protegga le spalle.”
Per la Cacciatrice giá
adirata per la non concordata mossa di Ludageh fu questa la goccia
che fece traboccare il vaso.
“Chi è costui per
dare ordini?“ replicò sprezzante al messaggero “da quando
sarebbe divenuto questo volgare mercante, il Generale Capo dello
Splendore? Siete avanzati senza chiedere e ora cercate aiuto?!”
E gli voltó le spalle,
crudele.
“rimarremo qui! E li
attaccheremo quando saranno a tiro.“
Lo sconsolato
messaggero tornó quindi da Bolger, portando le nuove su alleati poco
affidabili.
Bolger decise di andare
di persona a trattare con Argento. Se necessario perfino a scusarsi
con la capricciosa cacciatrice.
Dolce, folle, gnomo.
Buono di cuore e abile
nel commercio, ma imperito nell’arte della guerra. Ignaro che sul
campo di battaglia un comandante deve stare fra i suoi.
Si avvio dunque Bolger.
Nel frattempo gli gnomi
continuavano a tenere sotto tiro l’armata di Satod, la quale,
prudentemente, si teneva a distanza.
“Appena Bolger avrá
convinto Argento ad avanzare” si dissero l’un l’altro gli gnomi
“sará facile pungerli con le nostre quadrelle”.
E ridevano, sicuri
delle loro macchine superiori.
Quand'ecco che, come
provenienti dal nulla, rumori di carri e urla di battaglia si
levarono sul fianco destro.
Dalla nera nuvola uscí
la formazione di Arik, puntuta come una lancia mirata al cuore dei
balestrieri.
Ludageh era attaccata
da Begaruh.
Aurorade, infatti,
contando perdite gravissime si era ritirata combattendo su per la
collina, sperando di potersi raggruppare li per un’ultima
resistenza.
Erano incalzati dai
Nani di Kulma i quali facevano pagare loro ogni metro con sangue.
Era un lavoro duro e
metodico, come piaceva ai nani.
Non vi era piú
confronto per i veloci carri, lì.
Cosí Arik, sfruttando
il momento propizio aveva lanciato le macchine da guerra nella magica
nebbia che continuava a galleggiare sul campo di battaglia.
Ne fuoriuscì sul
fianco di Ludaged, come una rossa volpe che piombi un pollaio.
La sorpresa e lo
sconcerto furono totali.
I carri penetrarono
profondamente fra i balestrieri senza incontrare nessuna resistenza.
I piccoli gnomi, presi dal panico, buttarono le armi a terra.
voltarono le spalle e iniziarono a fuggire a destra e a manca, mentre
i mastini sui carri ne facevano scempio dall'alto.
Con precisione crudele
la lancia colpiva, lo zoccolo schiacciava, il carro travolgeva.
Di dodicimila grassi
gnomi che erano partiti meno di mille sarebbero tornati a casa a
raccontare della potenza di Begaruh.
Il sangue era ovunque.
Forse Desio avrebbe
ancora potuto rovesciare la situazione.
Argento, vedendo il
massacro di fronte a lei, fu colta da un senso di prostrazione
profondo.
La tenebra che
aleggiava sul campo di battaglia le sembró esser penetrata anche
dentro l’anima.
Voleva solo buttarsi a
terra e chiudere gli occhi, sperando che come un orrendo incubo prima
o poi esso si dissolvesse.
Cosí non fece nulla.
Non subodorava che il
suo sentimento fosse l’opera delle sacerdotesse di Narim che
avevano elevato la tenebra dal piano manifesto a quello delle
emozioni.
Accanto a lei gli
spietati battitori di Desio piangevano.
Coloro che avevano
cacciato al chiar di Luna l’Orso e il Cinghiale senza temere,
singhiozzavano, disperati, nella notte dell’anima.
I cacciatori di Desio
erano divenuti prede.
Cosí che quando Satod
completò l’accerchiamento si arresero al prezzo della salvezza
delle loro vite.
Poiché le Amazzoni
apparivano fuggite dal campo di battaglia, parve ai Capitani della
Lega che la fatto d’armi si fosse risolto facilmente.
Non rimaneva che
schiacciare i berseker, asserragliati sulla collina.
Solo Arik represse la
gioia.
Sapeva che le cose
della guerra sono facili da iniziare ma non si concludono senza
pagare un terribile prezzo.
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